Libro della Settimana: Il presepe pugliese. Arte e folklore di Clara Gelao Bianca Tragni

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presepe_pugliese_arte_folkloreChe esista un presepe pugliese le autrici non hanno dubbi, e cercano di dimostrarlo, fatti alla mano. Laddove i “fatti” sono tutti i presepi che costellano la storia e la geografia di Puglia, qui esaminati e studiati in ogni loro aspetto, connessione, confronto, differenza, somiglianza, tanto dal punto di vista dell’arte quanto da quello del folklore.

Presepe, allora, come fatto culturale, espressione autentica e originale dell’anima di un popolo che pur essendo stato prevalentemente “periferico” rispetto alla storia ha sempre conservato la propria identità culturale, che questo volume coglie l’occasione di rivalutare alla luce di uno dei prodotti apparentemente più umili e “popolari”, tutti questi contenuti indagati dal libro di Clara Gelao e Bianca Tragni, “Il presepe pugliese, arte e folklore”, recentemente ristampato dall’ editore Adda di Bari. Il gusto per l’ aneddoto, l’ attenzione per la realtà colorata delle cose, non manca nei grandi (e non solo per dimensioni) gruppi policromi della scuola pugliese di Quattro e, soprattutto, Cinquecento. Si tratta d’ importanti esempi di scultura rinascimentale, eseguiti da maestri riconosciuti come tali anche nel loro tempo: da Paolo da Cassano a Nuzzo Barba di Galatina, da Stefano Pugliese ai fratelli Altobello e Aurelio Persio, fino al capostipite, quello Stefano da Putignano che orgogliosamente si firmò sul giaciglio del Bambino nella Natività di Santa Maria del Carmine a Grottaglie. E’ a Putignano, Altamura, Cassano Murge, Bitritto, Matera, Polignano, Gallipoli o Lecce che i presepi con “poche” figure vivono ancora nel loro habitat naturale: quello della chiesa, dove la Natività dura tutto l’ anno; e quello della grotta, magari scavata nella viva roccia – come nel gruppo della Cattedrale di Altamura – così da diventare la vera grotta di Betlemme. Nella Pinacoteca provinciale di Bari sono conservati anche due esempi della versione minuta, e più nota, del presepe: quella “lilliputziana” della grande tradizione napoletana del Settecento. Si tratta di sette scene, databili agli anni Ottanta del XVIII secolo, date in deposito dal Museo di Palazzo Venezia a Roma. L’ altro presepe è il Cesare Caleno, dal nome del collezionista che l’ ha donato nel 1958 a Bari: annovera ben 472 statuine di diverse epoche, alcune delle quali esposte dentro teche in vetro e sullo sfondo di una scenografia moderna essendo andata perduta quella originale. Proprio perché decontestualizzato, questo presepe isola la bellezza dei singoli gruppi, la preziosità dei dettagli: e se gli anonimi maestri si sono dedicati alle espressioni dei mercanti e del popolino, scavando visi di legno o plasmando facce di terracotta, i sarti hanno vestito i corpi nascosti (fatti di fil di ferro e stoppa) confezionando sgargianti abiti in lana, seta, canapa e cotone per Maria e Giuseppe, per massaie e contadini, per pescivendoli e fabbri. Il passaggio dalla Natività monumentale con le figure a grandezza naturale che stabilmente abitavano, e abitano, le chiese di Puglia, al presepe settecentesco composto da miriadi di piccoli personaggi, segna la diffusione di questa sacra rappresentazione: certamente la più nota e amata, tanto da essere giunta fino ai nostri giorni e alle nostre famiglie. Il presepe “allargato”, allestito per la festa dell’ Immacolata e, con l’ arrivo dell’ Epifania, riposto nelle scatole in cantina fino al Natale successivo, dichiara anche il desiderio da parte dei pupari napoletani, come di quelli leccesi della cartapesta, di perpetuare il mistero della Nascita oltre i ristretti limiti temporali della storia.

Scheda Libro : Editore Adda; Anno Edizione 2000 e successive ristampe; Pagine 216; ISBN 9788880821601

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