In gran parte della Puglia i festeggiamenti di Natale non cominciano la vigilia, ma addirittura il 6 dicembre, festa di San Nicola, protettore di Bari. Anzi, se c’è un Natale ancora più lungo di quello Barese, è proprio quello Tarantino. Difatti, nella città jonica i festeggiamenti e i preparativi del Natale cominciano il 22 novembre, giorno in cui i tarantini venivano svegliati (in parte accade anche oggi) al mattino dalla banda musicale che esegue musiche pastorali in omaggio a Santa Cecilia, protettrice dei musicanti. E così, le donne cominciavano ad impastare pettole e frittelle, come nel resto della Puglia. Un tempo, oggi solo in parte, si usava accendere i fuochi angoli delle strade e soprattutto in campagna. Si faceva a gara a chi ne realizzava di più belli e più alti. I falò erano la rappresentazione della luce. Si chiamano, a seconda delle zone, “fanoie” oppure “fanove”.
I grandi falò venivano dedicati a Santa Lucia, Sant’Andrea, San Nicola, all’Immacolata Concezione. I legni arsi venivano recuperati e utilizzati come carbone per scaldare la casa nei bracieri. Accendere il fuoco aveva anche il senso di liberazione, una liberazione dal buio, dalle paure e dalla…fame. In alcune zone della campagna, ma anche del Subappennino Dauno, e alcune zone del Salento, gli anziani intravvedevano nelle fiamme, quasi con un rito divinatorio, le anime dei defunti. Vero o falso che fosse, accendere i fuochi era considerato un omaggio a coloro che non c’erano più.
(Fonte https://www.alberobellonline.it/puglia-un-lungo-natale/)
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