Il presepe di Piazza San Pietro: Greccio a Roma

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414490948_755444163287014_5234531123942254365_nNella notte di Natale, ecco che l’attesa è finita: tra Maria e Giuseppe, il bue e l’asinello, scopriamo il Bambinello. A 800 anni da quello ideato da san Francesco, nel 1223, c’è una novità: antico e moderno si incontrano al centro del colonnato del Bernini. Il neonato Gesù è tra le braccia del poverello di Assisi, tra statue della tradizione e simboli dei luoghi della Valle Santa. La curatrice Zabotti: in un monoblocco si è voluto celebrare Francesco, la storia del presepe e la valle reatina

Il tradizionale presepe di Piazza San Pietro, quest’anno, ha una caratteristica singolare: pur mostrando forme tradizionali, classiche, e iconografie consuete, le rielabora in modo assolutamente originale. Il centro resta la culla del Bambino, con attorno la Vergine, san Giuseppe, il bue e l’asinello, ma appaiono anche altri personaggi: san Francesco, tre frati suoi compagni, Giovanni Velita e la moglie Alticama, cioè gli amici che lo aiutarono nella realizzazione del primo presepe della storia, e un sacerdote che dietro l’altare celebra la solenne Eucaristia, proprio come descrive Tommaso da Celano, nelle Fonti francescane. La scena è costruita come fosse una rappresentazione teatrale, ispirata a una delle espressioni artistiche più importanti, ancorché effimere, che vide impegnati artisti celebri, i tableau vivant, “quadri viventi”, diffusi a partire dalle rappresentazioni liturgiche medievali e, via via nel tempo, nell’età barocca, dove l’immobilità del corpo degli attori costruisce composizioni visive di grande effetto non solo estetico ma anche emozionale: letteralmente un momento di bellezza e di spiritualità bloccato nel tempo.

La fusione di due iconografie distinte

Dietro alle statue a grandezza naturale, vi è la riproduzione dell’affresco attribuito al Maestro di Narni, datato al 1409, il cui originale si trova nel Convento di Greccio, proprio nel punto esatto in cui, secondo la tradizione, il fraticello di Assisi avrebbe posto la greppia per il Bambino. Se osserviamo bene, le statue del presepe sono esattamente uguali a quelle delle figure affrescate, come se queste ultime si fossero staccate dalla parete e fossero scese sul palco, assumendo tridimensionalità. Un vero gioco di corrispondenze, accompagnato da allusioni simboliche. I due episodi, distinti dell’affresco e ambientati in momenti lontani di secoli, quello di Betlemme e quello di Greccio, si fondono in una unica, grande scenografia. E vive, oggi.

Le statue del presepe

Le statue, opera del maestro presepista Antonio Cantone e la moglie Maria Cantone Costabile, sono come si è detto a grandezza naturale, con la testa e gli arti in terracotta dipinta, innestati su strutture in ferro e paglia, vestiti con abiti dal taglio e i colori ispirati a quelli del tempo di Francesco. Sono sculture che sia nella postura che nei gesti suggeriscono movimento, come a riprodurre, di fronte a chi le guarda, la Nascita quale eterno e rinnovato mistero incarnato, lo stesso che, in fondo, mosse gli intendimenti di Francesco, che volle “in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”, scrive il suo biografo Tommaso da Celano.

Rievocazione della vita e dei luoghi di san Francesco

Ma il presepe non si limita a questo, non si tratta di una rappresentazione frontale, ma di un impianto molto più complesso, a tutto tondo, dove ogni elemento ha un suo significato che si riallaccia alla figura di san Francesco e ai luoghi che segnarono il suo passaggio.

È una grande roccia, a rievocare l’orografia del Santuario di Greccio, che poggia su una base di forma ottagonale, come gli ottocento anni dal primo presepio di Greccio e, forma nella forma, omaggiare san Francesco e idealmente abbracciare Papa Francesco, a cui è dedicato il presepio, in segno di gratitudine per la lettera apostolica Admirabile signum, dato a Greccio, nel Santuario del Presepe, il 1° dicembre 2019.

L’installazione è a sua volta abbracciata dal colonnato di San Pietro creando un dialogo con lo spazio circostante.

Episodi della vita del santo di Assisi  

Lungo il perimetro esterno dell’impianto, si aprono delle nicchie poco profonde dove, simili a fotogrammi cinematografici e proprio come su una pellicola, si snodano immagini con le storie della vita del santo di Assisi, a imitazione di affreschi. Si tratta dei bozzetti del maestro materano Francesco Artese, scansionati ad alta risoluzione e stampati su carta, successivamente incollati su pareti intonacate e quindi trattati a mano dai maestri artigiani di Cinecittà per creare parti lacunose come se la pittura si fosse rovinata nel tempo. Sono quattro immagini che rievocano i luoghi principali del poverello di Assisi, ricorrendo a iconografie originali, alcune inedite rispetto a quelle cui siamo abituati nella storia dell’arte, basti pensare al ciclo giottesco nella basilica superiore di Assisi o a quello di Benozzo Gozzoli, nella chiesa francescana di Montefalco.

Alberi simbolici 

Nel presepe di Piazza San Pietro si notano tre piccoli alberi, dai rami ancora teneri, ma dal grande valore simbolico e storico: sono i “figli” di grandi alberi della Valle Santa. Il faggio di Rivodutri, che la leggenda narra abbia riparato Francesco durante una bufera, avvolgendolo coi suoi rami spiralati, e ancora oggi meta di pellegrini che lasciano ex voto tra i suoi rami. Il cerro di Cottanello, dal tronco che misura quasi 6 metri di circonferenza, dalla chioma enorme a dare ombra ai pascoli. Infine la quercia di Colli sul Velino, quasi 5 metri di circonferenza, che cresce vicino alle rovine della villa romana del console Quinto Assio del l secolo a.C., grande villa rustica che ospitò Cicerone. Gli alberelli fanno parte della collezione nazionale che l’Associazione patriarchi della natura ha prodotto negli anni, anche grazie alla collaborazione con Roma Lazio film commission.

Come in un’antica fabbrica medievale, il lavoro e la creatività di molti                                                                                                    Un lavoro, quindi, corale e complesso, voluto dalla Diocesi di Rieti, curato dai fondatori di Fondaco Italia, il presidente Enrico Bressan e l’art director Giovanna Zabotti, e con il presepista Francesco Artese, gli artigiani presepiali Antonio Cantone e Maria Cira Costabile di Napoli e gli artigiani di Cinecittà. Giovanna Zabotti, a Radio Vaticana – Vatican News, approfondisce alcuni aspetti simbolici, spiega da cosa è stato ispirato il presepe, come ha preso forma e chi sono coloro che hanno partecipato alla sua realizzazione.

(Fonte www.vaticannews.va)

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