Il presepe di Greccio realizzato da San Francesco rivive per un intero anno nella Chiesa dei Cappuccini di Monterosso Ottocento anni fa, nel 1223, San Francesco d’Assisi creava il primo presepe vivente nel piccolo paesino montano di Greccio nell’Italia Centrale. In occasione dell’anniversario 2023 che coinvolge da vicino i frati francescani, abbiamo deciso di rivivere il momento ricreando nella nostra chiesa l’ambiente della Valle reatina come doveva essere quel giorno. Sullo sfondo è ben visibile il Santuario francescano mentre dalle case scendono gli abitanti recarsi al luogo dove nasce Gesù Bambino, così come avevano fatto i pastori a Betlemme. Sulla destra san Francesco con le braccia aperte, accompagnato da un gruppo dei suoi frati di Assisi, contempla gioioso il presepe vivente da lui voluto.
Il presepe è visitabile tutti i giorni dell’anno nella Chiesa dei Cappuccini di Monterosso dove puoi anche trovare un pieghevole in più lingue che racconta la storia e contiene interessanti riflessioni sul significato del presepe.
Betlemme e Greccio sono due nomi inseparabili nei ricordi natalizi di ogni anno poiché, se a Betlemme si operò il mistero della divina incarnazione del Salvatore del Mondo, a Greccio, per la pietà di San Francesco di Assisi, ebbe inizio, in forma del tutto nuova, la sua mistica rievocazione. La prima volta che San Francesco venne a Greccio fu intorno al 1209. In quegli anni la popolazione di Greccio era esposta a grave flagello: la zona infatti era infestata da grossi lupi che divoravano anche le persone, ed ogni anno campi e vigneti erano devastati dalla grandine.
Egli si costruì una povera capanna sul Monte Lacerone, detto appunto di San Francesco, ove sorse nel 1712 una cappellina Commemorativa. San Francesco da lì si recava a predicare alle popolazioni della campagna. Gli abitanti di Greccio presero ad amare Francesco e giunsero a tale punto di riconoscenza, per la sua grande opera di rigenerazione, da implorarlo perché non abbandonasse i loro luoghi e si trattenesse sempre con loro. Tra coloro che andavano a sentire la parola del piccolo frate, c’era Giovanni Velita, il castellano di Greccio che divenne uno dei migliori amici di Francesco e si prodigò per onorare nel miglior modo possibile quest’ uomo. E mentre Francesco dimorava nella misera capanna ebbe le visite di Giovanni che gli chiese di scegliere una dimora più vicina per confortare lui e il suo popolo con la sua parola. Francesco comprese la sincerità di tale proposta e l’accettò volentieri dicendo che avrebbe rimesso la scelta della nuova dimora, non alla sua volontà, ma ad un tizzo lanciato in aria da un fanciullo. La leggenda racconta che trovato un fanciullo di quattro anni lo si invitò a lanciare il tizzo in aria e i Grecciani si recarono, con Francesco e Giovanni, al luogo ove era caduto il tizzo. Questa località ripida e scoscesa fu scelta come nuova dimora del Santo. Francesco amava l’eremo di Greccio, e aveva una predilezione anche per gli abitanti di quella terra, per la loro povertà e semplicità, perciò si recava spesso a soggiornare lì, attirato inoltre da una celletta estremamente povera ed isolata dove il Padre santo amava raccogliersi. Nell’autunno del 1223 Francesco si trovava a Roma in attesa dell’approvazione della Regola definitiva scritta per i suoi frati e presentata al Pontefice Onorio III°. Il 29 Novembre di detto anno ebbe la gioia di avere tra le mani la Regola munita di bolla pontificia. Alle porte dell’inverno e un pensiero assillante dominava la mente di Francesco: l’avvicinarsi della ricorrenza della nascita del Redentore. Il poverello di Cristo, nella sua innata semplicità si fece audace, e durante l’udienza pontificia, concessagli per lo scopo suddetto, umilmente chiese al Papa la licenza di poter rappresentare la natività. Infatti, dopo il viaggio in Palestina, Francesco, rimasto molto impressionato da quella visita, aveva conservato una speciale predilezione per il Natale e questo luogo di Greccio gli ricordava emotivamente Betlemme. Tormentato dal vivo desiderio di dover celebrare quell’anno, nel miglior modo possibile, la nascita del Redentore, mandò subito a chiamare Giovanni Velita e così disse: “Voglio celebrare la notte di Natale. Scegli una grotta dove farai costruire una mangiatoia ed ivi condurrai un bove ed un asinello, e cercherai di riprodurre, per quanto è possibile la grotta di Betlemme! Questo è il mio desiderio, perché voglio vedere, almeno una volta, con i miei occhi, la nascita del Divino infante.” Il cavaliere Velita aveva quindici giorni per preparare quanto Francesco desiderava e tutto ordinò con la massima cura ed il giorno della letizia si avvicinò e giunse il tempo dell’esultanza. Da più parti, Francesco aveva convocato i frati e tutti gli abitanti di Greccio. Dai luoghi più vicini e lontani mossero verso il bosco con torce e ceri luminosi. Giunse infine il Santo di Dio, vide tutto preparato e ne provò gioia. Greccio fu così la nuova Betlemme, divenendo punto di riferimento della Cristianità tutta.
(Fonte conventomonterosso.it)
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