La rappresentazione della Natività
Sono gli evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la nascita di Gesù. Nei loro brani troviamo gli elementi della sacra rappresentazione che a partire dai Medioevo prenderà il nome latino di praesepium, ovvero recinto chiuso, mangiatoia. Si narra infatti della umile nascita “in una mangiatoia perché non c’era per essi posto nell’albergo”, come riporta Luca, dell’annunzio dato ai pastori, dei Magi venuti da oriente seguendo la stella per adorare il Bambino che i prodigi del cielo annunciano già re. Sul mistero di un Dio che si fa uomo si basa la fede dei primi cristiani che iniziano a rappresentarlo nelle effigi parietali del III secolo nel cimitero di S. Agnese e nelle catacombe di Pietro e Marcellino (Epifania con due Magi) e di Domitilla in Roma dove compare l’Epifania con quattro Magi. Anche sui sarcofagi paleocristiani compaiono scene di Natività a bassorilievo come, ad esempio, nel sarcofago di Adelphia e Valerio a Siracusa oppure, in quello di Isacio, esarca armeno a Ravenna.
Altre figure vengono cori il tempo arricchendo l’iconografia originale, portando spesso significati allegorici: il bue e l’asino, aggiunti da Origene, interprete delle profezie di Abacuc e Isaia; Magi, il cui numero di tre, fissato da S. Leone Magno, può significare le tre età dell’uomo o le tre razze in cui si divide l’umanità; gli angeli, esempi di creature superiori; i pastori interpretabili come l’umanità in attesa di redenzione. Anche i doni dei Magi fanno riferimento alla duplice natura di Gesù e alla sua regalità: l’incenso per la sua divinità, la mirra per il suo essere uomo, l’oro perché dono riservato ai re.
A partire dal IV secolo la Natività diviene uno dei temi dominanti dell’arte religiosa e in questa produzione spiccano per valore artistico la Natività e l’Adorazione dei Magi del clinico a cinque parti in avorio e pietre preziose del V secolo del Duomo di Milano e i mosaici della Cappella Palatina a Palermo, del Battistero di S.Maria a Venezia e delle Basiliche di S. Maria Maggiore e S. Maria in Trastevere a Roma. Lo stile delle raffigurazioni è spesso improntato a canoni orientali, con figure in pose frontali e ieratiche: altrettanto va riferita alla cultura orientale l’iconografia della Vergine distesa accanto al Bambino poggiato nella mangiatoia.
Infatti la Chiesa Antiochia, con la tesi di Nestorio (poi condannata dal Concilio di Efeso del 431), teneva distinta l’umanità di Gesù dalla sua divinità e quindi presentava Maria come madre dell’uomo Gesù, inducendo gli artisti a rappresentarla nella posa della puerpera. Solo dopo il XII secolo, con l’affermarsi del culto mariano per le elaborazioni teologiche di S. Tommaso e S. Bonaventura, si evitò di rappresentare la Madonna come una donna comune e da allora Maria e Giuseppe furono realizzati in ginocchio in posa adorante, come ancor oggi nei nostri tradizionali presepi.
Dall’Alto Medioevo nelle Chiese e nelle Confraternite vennero allestite sotto forma di sacre rappresentazioni i vari episodi della nascita di Gesù ed è probabile che da queste si sia passati a rappresentazioni con figure scolpite. Dal secolo XIV la Natività è soggetto privilegiato della creatività degli artisti più famosi in affreschi, pitture, sculture, ceramiche, argenti, avori e vetrate che impreziosiscono le chiese e le dimore della nobiltà o di facoltosi committenti dell’intera Europa: valgano per tutti i nomi di Giotto, Filippo Lippi, Piero della Francesca, Botticelli, il Perugino, DIÌrer, Rembrandt, Poussin, Zurbaran, Murillo, torreggio, Rubens e tanti altri. Alla scena della natività ciascuno di loro dà una interpretazione personale, frutto di fede e di meditazione, che viene arricchita, seguendo la narrazione evangelica, con scene quali l’Annuncio ai Pastori, l’Adorazione dei Pastori, l’Adorazione dei Magi (Epifania).
(1 Parte della Storia del Presepe)
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